Riesco a trovare parcheggio abbastanza facilmente: nonostante abiti in un paesello pure da me c’è il problema del parcheggio certe volte: chissà dove andremo a finire! Appena spento il motore mi guardo in torno per scrutare se qualcuno è già arrivato e, quasi subito, vedo un volto familiare così, incoraggiato prendo il giubbotto ed esco. Si tratta di L; ci salutiamo e ci scambiamo qualche parola, nulla più. Purtroppo l’essere praticamente un estraneo nel paese dove vivo ha fatto si che le conoscenze siano solo superficiali, perfino quelle nate alla scuola elementare. L è uno di questi casi; a dire la verità per lei c’è anche l’aggravante di non essere neppure stata in classe con me… E’ una ragazzona alta, dal fisico robusto, ma non obesa; fortunatamente è il suo stesso aspetto che mi da’ lo spunto per parlare: è in cinta del secondo figlio. Allora le chiedo di quanti mesi è, se è maschio o femmina, come lo chiameranno e come sta l’altro bambino.
Fa tenerezza guardare il suo volto mentre mi risponde, un po’ perché come tutte le donne in gravidanza emana una luce speciale, un po’ perché il suo viso è rappresenta l’incarnazione di quell’ideale di madre grande agli occhi di un bambino, forte, anche più forte di un padre, ma con un espressione bonaria e pacioccona, al confine con il malinconico che al solo guardarla ti disarma e ti fa regredire allo stato fanciullesco ed è come se aspettassi da un momento all’altro che questa donnona tanto buona ed indulgente ti porga una caramella con questo suo dolce, rassicurante, pacifico e appena accennato sorriso…
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